Teatro

Gli 'stregozzi' di un grande fiammingo a Venezia

Gli 'stregozzi' di un grande fiammingo a Venezia

Aperta dal 18 febbraio al 4 giugno 2017, in Palazzo Ducale a Venezia, una mostra dedicata a Jheronimus Bosch. La rassegna, che verte sul consistente nucleo di sue opere custodite alle Gallerie dell'Accademia, porta all'attenzione del visitatore anche un cospicuo numero di quadri, bronzetti, incisioni, marmi antichi, disegni, libri e manoscritti cinque e seicenteschi.

Con un po' in ritardo sulle celebrazioni per il cinquecentenario della morte di Jheronimus Bosch, il grande pittore vissuto tra il 1450 circa e il 1516 a ’s-Hertogenbosch in Olanda – l'anno scorso vi hanno provveduto con due grandi rassegne monografiche sia la sua città natale, sia Madrid nei cui musei è radunato un buon nucleo di sue opere – ora anche Venezia intende dare il suo contributo alla conoscenza della sua figura artistica. E lo fa, con giusto motivo, attraverso una suggestiva mostra a lui dedicata in Palazzo Ducale: il fatto è che sin dai primi decenni del '500 giunsero in Laguna, con l’intermediazione dello stampatore ebreo Daniel van Bomberghen che attinse alla bottega di Bosch dopo la sua morte, ben tre grandi lavori - due trittici e quattro tavole, gli unici esistenti in Italia - risalenti alla piena maturità dell'artista fiammingo. Essi vennero acquistati dal cardinale Domenico Grimani, singolare figura di ricco, erudito e raffinato collezionista d'arte, che lasciò poi alla morte le proprie raccolte alla Serenissima Repubblica. In questo modo quei capolavori non abbandonarono più Venezia, benché per un certo periodo relegati – insieme ad altre numerose opere d'arte - in locali secondari di Palazzo Ducale. Custodite ora negli spazi delle Gallerie dell'Accademia, le dieci preziose tavole boschiane sono state splendidamente restaurate per l'occasione dal Bosch Research and Conservation Project e dalla Fondazione Getty di Los Angeles.

Caratteristica particolare dell'arte di Bosch, è quella di trasportare nella pittura da cavalletto, e quindi in misure più grandi, i prodotti della lunga tradizione delle dröleries tipiche delle miniature fiamminghe. Ma questo è solo un aspetto della sua arte: un altro, è quello di una profonda spiritualità che emerge nei soggetti sacri, e un altro ancora che nei suoi quadri ritroviamo sovente la vivacità delle borgate, degli abitanti e del folklore dei Paesi Bassi, dei quali assume il ruolo di vivido cantore. E le sue opere trovarono acquirenti entusiasti tra la ricca borghesia locale, ma furono richieste anche da sovrani quali Filippo il Bello, cui consegnò il Trittico del Giudizio universale di Vienna, ed aristocratici come Enrico di Nassau, che gli richiese il Trittico delle delizie ora a Madrid, oppure Don Diego de Guevara, destinatario del Trittico del fieno.

Al centro della mostra “Jheronimus Bosch e Venezia” , coprodotta dalla Fondazione Musei Civici di Venezia e dalle Gallerie dell'Accademia, sono le opere conservate a Venezia: quindi il trittico che ha per riquadro centrale Il martirio di Santa Ontocommernis (già più conosciuto come Martirio di Santa Wilgefortis) ed ai lati due stupendi paesaggi, uno sinistramente notturno ed uno diurno e marino, il trittico che comprende Tre santi eremiti (con uno splendido San Girolamo al centro), ed i quattro pannelli verticali delle oniriche e misteriose Visioni dell'Aldilà, due per il Paradiso, due per l'Inferno (al centro potrebbe esservi stato in origine un perduto Giudizio universale, come nel Trittico della Gëmaldegalerie di Vienna), opere in parte  viste e descritte da Marcantonio Michiel prima, quando erano ancora in Palazzo Grimani, e più tardi da Anton Maria Zanetti, che le definì "chimere e stregozzi". Esse vengono a porsi all'inizio di un cammino ospitato negli Appartamenti del Doge, e che poi prosegue con altre numerose opere: che sono quadri di Palma il Giovane, Quentin Massays, Jan Von Scorel, Joseph Henitz, ed incisioni di Dührer, Bruegel, Cranach e del nostro Campagnola, oltre a bronzetti, marmi antichi, disegni, libri e manoscritti dell'epoca interessata.

L'itinerario è articolato in varie sezioni successive a quella che espone i dieci capolavori di Bosch, insieme ad un piccolo Ritratto a bulino fattogli da Cornelis Cort. Una è dedicata appunto alla singolare figura di Domenico Grimani, effigiato in un grande tondo di Palma il Giovane insieme al nipote Marino, ed ai suoi interessi di collezionista: pregevole la placchetta argentea del Maderno con la Flagellazione di Cristo, e preziosissimo il Breviaro Grimani, incomparabile galleria di miniature fiamminghe del secondo decennio del '500, del quale mediante un utile supporto visivo vengono mostrate le pagine più importanti. Altra è quella del tema del sogno e delle visioni oniriche e stravaganti, animate da mostri e mostriciattoli sempre più bizzarri, al cui interno troviamo disegni ed incisioni di artisti italiani, tedeschi e fiamminghi; altra ancora quella dedicata a Van Bomberghen, editore e uomo d'affari, all'ambiente ebraico veneziano ed ai rapporti di Venezia con le Fiandre.

Sparsa lungo l'itinerario è poi tutta una serie di quadri ispirati sia al mondo di Bosch, sia più genericamente alla pittura fiamminga, assai apprezzata in Laguna: e sono opere di varia provenienza - Galleria Franchetti alla Ca' d'Oro, Museo Correr, lo stesso Palazzo Ducale, collezioni private – di Joachim Patinir (Paesaggio con San Gerolamo), di Jan van Scorel (l'animata Torre di Babele), di Quentin Massys (un Ecce Homo dove Cristo è circondato da grifagni seviziatori), di anonimi seguaci o contemporanei del Nostro che trattano i temi de La discesa al Limbo, dell'Inferno, delle Tentazioni di Sant'Antonio, oppure impaginano un'immensa Visione apocalittica formicolante di mostri à la Bruegel. Per finire con una intrigante rassegna di grandi olii seicenteschi che testimoniano l'ininterrotto interesse per le fantasie surreali di Bosch e ancora di Bruegel; opere di Roelandt Savery (un tenebroso Orfeo agli Inferi, prestato dal Kunsthistorische Museum di Vienna), dello Swanenburg (La bocca dell’Inferno e la nave di Caronte con la Sibilla Cumana ed Enea, delirio di immaginazione visiva giunto dalla Svizzera), ma sopra tutto di Joseph Heintz il Giovane, che a metà secolo si imbarca in curiosi ed inaspettati revival di temi boschiani: e lo fa con L'Alchimia, con L'elisir della giovinezza, con Medea ringiovanisce Esone, tre fascinose tele provenienti da una collezione privata veneziana.

La mostra, inaugurata a metà febbraio, resterà aperta in Palazzo Ducale con orario continuato tutti i giorni (compreso il lunedì) sino al 4 giugno 2017.